Alla base dell’espansione oceanica delle potenze iberiche tra XV e XVI secolo è normale ricordare la motivazione religiosa nella quale lo spirito di Crociata e la guerra all’infedele si collegano alla spinta missionaria di diffusione del Cristianesimo e della Chiesa. Sia in Spagna, sia in Portogallo esistevano ordini militari di antica tradizione medievale e di matrice monastico-cavalleresca che avrebbero potuto inserirsi come protagonisti di questa espansione cristiana. Tuttavia, negli ultimi anni del XV secolo, mentre in Spagna Ferdinando il Cattolico aveva sottoposto questi ordini (Santiago, Alcantara e Calatrava) alla corona, in Portogallo gli ordini di Cristo, Santiago e Aviz mantenevano ancora la loro autonomia. Pertanto essi sono stati considerati dalla storiografia internazionale come fortemente attivi nell’espansione lusitana in Nordafrica. Questa non è l’opinione dell’autrice del volume, Fernanda Olival, che esprime chiaramente il suo obiettivo: mostrare come l’importanza degli ordini nell’espansione sia un luogo comune, passivamente adottato fino ad oggi dalla maggioranza degli storici, che è necessario correggere attraverso la maggior contestualizzazione di tali istituzioni e, soprattutto, la miglior definizione di quegli elementi di fatto che hanno dato l’impressione dell’ampio coinvolgimento degli ordini, come la partecipazione di loro membri alle imprese di conquista oppure la destinazione all’ordine di Cristo delle bolle pontificie relative ai diritti di patronato.
Per perseguire il suo scopo l’autrice fa ricorso alle fonti portoghesi relative alla vita interna degli ordini (i Regimentos) così come alla storiografia su di essi. Inoltre, emerge l’importanza della documentazione pontificia per la responsabilità emi|nente che il papa aveva sugli ordini oltre che per il rapporto che sussisteva tra la corona e la Santa Sede. La lunga durata del processo di espansione portoghese nel corso dei secoli XV e XVI ha prodotto una documentazione cospicua, edita già a partire dal XIX secolo in note raccolte che costituiscono il fondamento della storia delle scoperte.
Ponendosi a cavallo tra Medioevo e Età moderna, Fernanda Olival procede alla dimostrazione della sua tesi iniziando da un esame dei caratteri interni degli ordini militari portoghesi. La conclusione precoce della »reconquista« lusitana (1249) aprì un lungo periodo di ripiegamento degli ordini e di allontanamento dai principi originari di essi. Le cariche di comendador, distribuite dal Mestre dell’ordine, mantennero il loro prestigio e il loro interesse economico e si moltiplicarono, ma si perse molto la vita comunitaria. Inoltre anche la componente spirituale si dissolse con l’attenuazione dell’importanza dei voti di castità e di povertà. Al momento dell’espansione portoghese oltremare, la spinta degli ordini per la guerra era molto affievolita.
Vi è allora una connessione tra essi e le campagne militari in Africa e l’espansione oceanica? In effetti ci fu una partecipazione di membri degli ordini alla presa di Ceuta, ma non da un punto di vista istituzionale. Questo disimpegno dell’ordine era sgradito alla corona che spingeva sempre più spesso il papa ad affidare il titolo di Maestro ai principi Infanti. Gli ordini si giustificavano di essere stati stabiliti per difendere i confini del regno non per andare alla conquista di terre oltremare. Inoltre non rispondevano alle richieste del papa di fondare conventi nei territori conquistati. Quando il re prese il controllo dell’Ordine di Cristo intervenne direttamente nell’utilizzo dell’Ordine come strumento istituzionale per l’attività militare in Africa. Alla fine si arrivò all’annessione degli ordini alla Corona nel 1551 e alla riforma nel 1572 in virtù della quale si poteva accedere ad essi prestando servizio nelle varie parti dell’Impero e soprattutto in India.
Tra gli elementi che hanno contribuito a mettere in primo piano l’Ordine di Cristo rispetto agli altri nell’espansione portoghese è senz’altro la concessione del patronato ecclesiastico (padroado), cioè l’affidamento da parte del papa della giurisdizione spirituale sui nuovi territori, l’attribuzione di benefici, la raccolta di decime, la nomina di prelati. Nello svolgersi lento dell’espansione lusitana il patronato viene concesso all’Ordine inizialmente per le isole atlantiche al tempo del principe Enrico. Alla morte dell’Infante (1460) l’Ordine accentuò la decadenza, evidenziando il problema di non avere preti per svolgere il suo ruolo, fatto che divenne ancor più evidente quando la colonizzazione portoghese si attestò lungo l’Africa e nelle relative isole. Spinto anche dalla concorrenza con la Castiglia dove la corona aveva ricevuto ampi diritti di patronato ecclesiastico da papa Alessandro VI dopo la scoperta dell’America, il re portoghese, in quanto amministratore dell’Ordine, fece propri i diritti patronali che gli permettevano l’importante diritto della scelta dei vescovi. L’autrice osserva come, all’inizio del XVI secolo, i documenti pontifici si riferivano direttamente al re in quanto tale non come amministratore dell’Ordine di Cristo. La formazione di diocesi ultramarine come quella di Funchal diminuiva sempre più il ruolo dell’Ordine e rafforzava quella del re.
Le bolle pontificie del 1514 sono considerate dall’autrice il turning point della definitiva perdita di potere dell’Ordine che, tuttavia, continuava a esistere e nel corso del Cinquecento mandò anche dei suoi membri come vescovi oltremare, ma non traeva benefici economici dalla riscossione delle decime che andavano alla corona. Dal punto di vista religioso, nel contesto missionario emergeva sempre più forte la concorrenza degli ordini religiosi, dai mendicanti ai gesuiti, che agivano anch’essi nell’ambito del patronato. Il ruolo dell’Ordine fu quindi nominale nel patronato, un regime di giurisdizione ecclesiastica che, come ricorda l’autrice, dal 1622 la Congregazione pontificia de Propaganda Fide cercò di aggirare, di contestare e di abolire, riuscendovi solo in parte e non senza contraddizioni, tanto che la questione con la Santa Sede è rimasta aperta fino ai nostri tempi, come è accaduto in modo molto diverso anche per il patronato spagnolo.
L’Ordine di Cristo non trasse vantaggio né potere neppure dalle comendas, stabilite in epoca manuelina e rimaste in vigore per tutto l’antico regime, una sorta di beneficio ecclesiastico (ma la questione è discussa dagli storici del diritto) di vario genere (decime, proprietà, diritti diversi) che esso poteva assegnare sui territori al di fuori della metropoli.
L’Ordine di Cristo è tra gli ordini monastico-militari portoghesi quello che appare più di frequente nell’intero svolgimento dell’espansione oceanica lusitana dalla presa di Ceuta in avanti. Eppure, come dimostra l’autrice, la sua azione non| ebbe particolari effetti né sull’espansione portoghese, sia militare, sia religiosa, né sull’Ordine stesso che non ne trasse occasione per un recupero della sua duplice funzione. Non per questo gli ordini (e quello di Cristo in particolare) furono aboliti. La storia di queste istituzioni si muove tra medioevo e età moderna. Alcune resistono come l’Ordine di Malta, altre vengono addirittura fondate ex-novo, come l’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano nella Toscana medicea, altre vengono inserite nelle strutture della monarchia di età moderna dove costituiscono un’utile riserva di onori da offrire come ricompensa individuale ai ceti nobiliari di vario livello. Il volume di Fernanda Olival ci fa conoscere dall’interno in modo critico e dettagliato, con un’accurata analisi delle fonti, queste istituzioni di stampo medievale che si scontrano con le esigenze della monarchia portoghese che affronta la fase dell’espansione oceanica e della formazione dell’impero.
* Fernanda Olival, The Military Orders and the Portuguese Expansion (15th to 17th Centuries ) (Portuguese Studies Review, Monograph Series 3), Peterborough/ONT: Baywolf Press 2018, 195 p., ISBN 978-0-921437-54-3